Quando si parla di tradizioni antiche per descrivere l’arte della lavorazione del Culatello non si
fa a sproposito.
La fama che questo prodotto ha acquisito in tutto il mondo è relativamente recente, ma la produzione
artigianale e la storia del Culatello hanno avuto inizio molti, moltissimi anni prima.
Si narra (e mai termine fu più appropriato, trattandosi di tradizione) che già nel
1332, al
banchetto di nozze di Andrea dei Conti Rossi e
Giovanna dei Conti
Sanvitale
, si facessero apprezzare
alcuni Culatelli, recati in dono agli sposi; e che, più avanti, i Pallavicino
avessero offerto
omaggi di Culatello a Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano.
Sfortunatamente di questi episodi non si trova testimonianza attendibile. La prima citazione
esplicita e ufficiale del Culatello risale infatti al 1735, all’interno di un documento del Comune
di Parma.
Le prime citazioni letterarie risalgono invece all ‘800, ad opera, prima, del poeta dialettale
parmigiano Giuseppe Callegari, poi dello scultore Renato Brozzi,
che scambiava opinioni sul
Culatello con il famoso poeta Gabriele D’annunzio. Il Culatello affonda le sue radici nella memoria
storica della cultura contadina, che ancora oggi resiste nei casolari della Bassa, dove la
tradizione mantiene viva la qualità di un cibo inimitabile.
Sicuramente sappiamo che fino ai primi decenni del secolo scorso solo pochissime famiglie potevano
concedersi il sapore pregiato del culatello, e comunque tale pratica era circoscritta
geograficamente e socialmente. Il gusto del Culatello era rinomato ed apprezzato solo a livello
locale. Un prodotto così pregiato non alimentava certo grandi commerci.
Il fatto che restasse sconosciuto al grande pubblico garantiva della tipicità del prodotto allo
stesso modo in cui ne alimentava la leggenda, circondandolo di un po’ di quella nebbia che non ha
mai abbandonato la gente di questi luoghi e che tanto partecipa alla creazione di un prodotto unico.